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COME SI RAPPORTANO I BAMBINI CON LA MALATIA?

L'esperienza di malattia nell'infanzia1 acquisisce caratteristiche diverse, non solo perché si tratta di un'età particolare, ma anche perché attiva dinamiche relazionali diverse con sé stessi, con l'équipe medica e con la famiglia. La malattia nell'infanzia o nell'adolescenza può essere cronica o acuta, le circostanze sono molteplici a seconda della patologia, del contesto socio-familiare e del luogo in cui si trova il bambino malato; quando la malattia è mentale, si aprono tutta una serie di caratteristiche che devono essere meticolosamente gestite per dare serenità alla persona malata e al suo intorno.
La malattia è causa di sofferenza nel bambino/adolescente, quindi va curata, a volte essa provoca una riduzione delle capacità neuromotorie, cognitive, relazionali. Il sentimento del malato varia da persona a persona, a seconda della malattia, dell'età, della situazione socio-famigliare; l'unica cosa che li accomuna tutti è la realtà oggettivamente negativa: essere malati; a questa si aggiungono altri fattori fisiologici tipici di questa fase, che portano a conflitti tra chi è affetto dalla malattia e la famiglia oppure l'équipe medica. Questa circostanza può provocare un sentimento di frustrazione per la perdita di autonomia e talvolta per la difficoltà di accettare una disabilità causata dalla infermità stessa.
Quando il piccolo paziente deve essere ricoverato in ospedale, subentrano altre caratteristiche, come la perdita della quotidianità, dell'ambiente familiare che si instaura in una casa, delle relazioni umane extrafamiliari, tutti elementi vitali per il bambino/adolescente malato che purtroppo vengono persi. Alcune situazioni vissute in ospedale possono avere ripercussioni traumatiche in futuro, ad esempio quando il personale sanitario non è sufficientemente competente per comprendere le esigenze di questi giovani pazienti.
Nel momento in cui l'ospedalizzazione si prolunga, può avere conseguenze indelebili sul paziente, soprattutto nella dimensione umana della socializzazione e della fiducia in sé stessi e nel medico; questo disaggio può manifestarsi con comportamenti aggressivi e di isolamento; ciò deve indurre l'équipe sanitaria ad adottare misure specifiche come il coinvolgimento di un psicoterapeuta e di altri professionisti del settore per favorire il benessere psicofisico del bambino/adolescente.
La possibilità di ammettere la presenza dei genitori nella struttura sanitaria può essere utile o meno a seconda della situazione in cui si trovano e del grado di maturità che hanno loro per contribuire alla gestione della malattia del bambino/adolescente, nel caso di neonati o di bambini nella prima infanzia si capisce che non sarebbe opportuno che fossero separati dalle loro madri, Anche questa realtà, però, va gestita, perché non di rado tra il genitore e il personale sanitario si verificano litigi dovuti a varie circostanze, che logicamente non aiutano la situazione in cui si trova il bambino/adolescente malato. Ovviamente, le opportunità di incontro tra le famiglie e gli operatori sanitari sono aumentate perciò il personale sanitario deve abbandonare il ruolo tecnico per sviluppare un ruolo educativo, soprattutto quando le patologie lo richiedono, ad esempio il diabete.
Un aspetto peculiare sarebbe la comunicazione con il bambino/adolescente giacché spesso la famiglia e il personale sanitario si trincerano dietro del famoso binomio: bugia e silenzio, questo comportamento si sviluppa per paura di creare una falsa aspettativa ma non dobbiamo sottovalutare questi giovani pazienti credendo che non capiscano nulla, sarebbe un errore; come sarà possibile che un bambino/adolescente che sta sperimentando terapie nel suo corpo non sappia di cosa si tratta?
La molteplicità delle situazioni e le diverse età delle persone coinvolte, rendono difficile dare indicazioni risolutive per il sostegno e l'accompagnamento del bambino/adolescente e della sua famiglia, soprattutto tenendo conto della cultura attuale che vuole cancellare dalla memoria la sofferenza, la malattia e la morte; va detto però che la capacità di accettare la sofferenza dei bambini/adolescenti a volte supera quella degli adulti, quindi è necessario saper parlare bene con loro, sapersi adattare alla situazione in cui si trovano e avere empatia.
La malattia è un'esperienza tremendamente personale, per cui è necessario accompagnare solo con gesti e parole che scaturiscano dal cuore e che contribuiscano al benessere integrale della persona malata; occorre potenziare la dimensione delle relazioni interpersonali queste non sono semplici, anzi, a volte sono complesse e faticose, piene di paure, incertezze e ostacoli come quelli che incontra chi intraprende un viaggio da solo e non conosce i mezzi da utilizzare e le mete da raggiungere. La malattia, quindi, come il viaggio, non è un punto di arrivo, ma un percorso impenetrabile e impermeabile da affrontare, e la domanda che ci si pone più spesso è: perché una persona si ammala e un'altra no?
Sinceramente non lo so; ma non si può credere che Dio mandi una malattia a una persona specifica per un motivo specifico, non credo in un Dio che ha una quota settimanale di tumori maligni da distribuire e consulta il suo computer per trovare chi è particolarmente meritevole o chi potrebbe affrontare meglio la infermità. La malattia o la salute non sono questioni che Dio decide in base al merito, quindi la domanda potrebbe essere cambiata; se ci si trova in una situazione di disaggio oppure di infermità: cosa faccio ora? Chi c’è ad aiutarmi?2
1 M. L. D. Pietro et al., Bioetica e infanzia. Dalla teoria alla prassi, EDB 2014, 363–367.
2 L. Sandrin, Compagni di viaggio. Il malato e chi lo cura, Paoline Editoriale Libri 2000.

COME SI RAPPORTANO I BAMBINI CON LA MALATIA?

Pastorale per la salute di Acqui Terme ( Alessandria) 

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