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Riflessione di Mons. Luigi Testore vescovo di Acqui

XXXII Giornata Mondiale del malato

Riflessione di Mons. Luigi Testore vescovo di Acqui

La prossima domenica 11 febbraio, anche in ricordo delle apparizioni di Lourdes, verrà celebrata la giornata mondiale del malato e vorrei quindi condividere con voi alcune indicazioni contenute nel messaggio del Papa.

Il Santo Padre cita la Sacra Scrittura: “Non è giusto che l’uomo sia solo” (Cfr. Gn 2,18), tramite la quale si può intravvedere la volontà di Dio fin dall’inizio, quella di darci la capacità di amare e comunicare. Lo sviluppo di questa capacità è possibile grazie alle relazioni interpersonali che instauriamo nel percorso della nostra vita, ma purtroppo ci si trova con un grande limite quando non possiamo interagire  con gli altri a causa di una grave malattia. In quel caso  si sperimenta una sorta di abbandono, chiusura in se stessi e spavento per questa nuova situazione che è estranea alla nostra natura originale.

Nella storia recente abbiamo potuto vedere, ad esempio nell’ultima pandemia di Covid 19, quanti dei nostri fratelli e sorelle sono dovuti morire non accompagnati e alcuni ricordano ancora la solitudine vissuta negli ospedali e nelle case di cura. Ultimamente ci appare evidente questa realtà nei paesi che sono sotto il flagello della guerra, dove si vive una situazione di profondo abbandono soprattutto nell’ambito socio-sanitario. Va detto però che nei paesi in cui regna la pace c’è spesso una cultura dell’individualismo che colpisce le persone più vulnerabili, le quali rischiano di essere escluse dalla società perché ritenute non utili.

Abbiamo invece bisogno di una assistenza ai malati che sia un atto d’amore. Occorre che la persona sofferente possa relazionarsi con Dio, con se stessa, con la famiglia e con gli amici, anche con gli operatori sanitari, per promuovere un processo di cura integrale. In questo senso ci aiuta la riflessione su Gesù come Buon Samaritano (cfr. Lc 10, 25-37). Lui di fa prossimo e lenisce con tenerezza le ferite dei suoi fratelli e sorelle malati.

La capacità di vivere in comunione con Dio, con i fratelli e sorelle, e con il creato è una dimensione che dobbiamo sviluppare soprattutto quando ci troviamo in una situazione di malattia, cercando di curare anche le ferite lasciate dal peccato, che ci impedisce di vedere la realtà alla luce della novità evangelica. Il rimedio è quello di diventare veri artigiani della vicinanza e della relazione fraterna.

Queste riflessioni di Papa Francesco aiutino anche noi a scoprire con più chiarezza e gioia il nostro compito di cristiani di fronte alla malattia.

+ Luigi Testore

vescovo di Acqui

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